Scarica il comunicato in Pdf

Lo studio epidemiologico che la Federazione Medico Sportiva Italiana ha presentato a ‘Tuttofood’ nell’ambito della Campagna nazionale di educazione alimentare “Nutrizione è Salute” rappresenta un’assoluta novità in Italia. Per la prima volta, infatti, sono stati messi a confronto i dati scientifici emersi dalle visite mediche specialiste effettuate a chi svolge attività sportiva e le dichiarazioni rilasciate dagli atleti in sede di anamnesi.
Il progetto è stato coordinato dal Professor Arsenio Veicsteinas, Presidente del Comitato Scientifico-Culturale della Federazione Medico Sportiva Italiana. Sono stati coinvolti 17 centri su tutto il territorio nazionale e più di 24.000 atleti (24,4% donne, 75,6% uomini), l’81% dei quali agonisti. Durante la visita di idoneità all’attività sportiva i Medici della FMSI hanno sottoposto alle persone che si sottoponevano a visita due questionari. Il primo, composto da 34 domande, con 240 possibili risposte a scelta, era incentrato sulle abitudini e sulla conoscenza di se stessi. Il secondo, con 18 domande e 172 diverse possibilità di risposta, mirava a conoscere le abitudini e le preferenze alimentari e nutrizionali. I Medici certificatori, in sede di visita, dovevano, sulla base degli screening effettuati, compilare la cartella clinica, indicando – attraverso ben 18 domande con 68 diverse possibilità di risposta – i relativi dati antropometrici e clinici (cardiologici, spirometrici, dell’acuità visiva, ecc.).
Obiettivo primario dello studio è stato quello, innanzitutto, di elaborare una fotografia dello stato di salute della popolazione italiana che si sottopone a visita medico-sportiva, evidenziando il ruolo sanitario, preventivo e sociale, di filtro, della visita di idoneità e i benefici indotti dalla attività fisica sullo stato di salute a fini preventivi primari e secondari, oltre a fornire interessanti indicazioni sugli orientamenti verso lo sport prescelto e sulle abitudini alimentari e nutrizionali degli sportivi.
Di assoluto interesse i dati emersi: in pratica gli atleti tendono a sovrastimare alcuni sintomi o patologie e a sottostimarne altri.
Per quanto riguarda le patologie ortopediche emerge che in molti casi gli atleti professionisti sottostimano il problema. In particolare, in sede di prima visita solo il 2,8% in sede di anamnesi ha espresso problemi relativi alla scoliosi o a paramorfismi, mentre in sede di visita il 9,9% di essi aveva questo tipo di complicazione. Indicativi anche i dati relativi al dorso curvo (nessuno ne ha parlato in sede di anamnesi, mentre il 3% ne soffre realmente) o all’iperlordosi lombare (0,4% in anamnesi contro il 4,7% di atleti affetti da questo problema). Anche in sede di seconda visita gli atleti sottostimano le proprie problematiche ortopediche: ad esempio, il 2,7% parla col medico dei problemi relativi a scoliosi o a paramorfismi, mentre in realtà ne soffre il 5,4%; e ancora l’1,5% crede di avere come difetto quello delle scapole alate, problema che in realtà interessa il 2,9% degli atleti visitati. Solo lo 0,1% dichiara di soffrire di iperlordosi lombare, ma è il 2,5% di loro che accusa questa problematica.

I dati si capovolgono quando si parla di apparato cardiovascolare. In questo caso il 23,1% degli atleti in sede di prima visita ha riferito di soffrire di palpitazioni, capogiri, cardiopalmo o aritmie, mentre in sede di visita solo il 18,3% di loro è risultato avere questi sintomi. Proporzioni simili in sede di seconda visita: 24,5% di atleti con questi sintomi, riscontrati però nel 15,6% dei casi.
Dei 24.000 atleti coinvolti nello studio, l’84,2% è risultato con un ECG normale contro il restante 15,8% con un ECG anomalo o chiaramente patologico. In particolare a questi ultimi sono stati richiesti, come la normativa prevede, ulteriori accertamenti come esami integrativi e nel 9,6% dei casi si è riscontrato un problema patologico, per lo più dovuto ad aritmie, che ha richiesto ulteriori valutazioni o imposto limitazioni nello sport da praticare. Una percentuale che sul campione di 24.000 atleti, comprendendo anche le limitazioni dovute a problematiche di varia natura, ammonta a circa 4 atleti ogni 1.000 visitati.
Una seconda parte dello studio si è concentrata sull’alimentazione e sulle preferenze a tavola dell’atleta di ogni età. In sintesi, è emerso che il 91% degli atleti fa regolarmente colazione al mattino, ma solo il 75% tutti i giorni, distribuendo le preferenze tra latte, frutta e yogurt. Solo il 58% degli atleti assume spuntini al mattino o merende nel pomeriggio; il 69% consuma frutta o verdura tutti i giorni, mediamente con 2 porzioni al giorno. La carne è preferita dagli atleti con il 93% e il 58% con due porzioni a settimana, suddivisa tra carne bianca (50%), manzo (31%) e maiale (19%).
Tra gli alimenti più consumati poco prima dell’attività fisica vi sono l’acqua (40%), i cereali e i derivati (12%). Al termine dell’allenamento e della gara ancora acqua (39%) e cereali (11%).
Agli atleti coinvolti nello studio è stato chiesto quali, a loro parere, siano gli alimenti più adatti al loro stile di vita. Le risposte sono state nella grande maggioranza acqua e pasta, mentre un 19% ha risposto ‘integratori’. Fra i cibi da evitare gli atleti mettono ai primi posti i dolciumi, i grassi e i fritti per la scarsa digeribilità, mentre una percentuale modesta considera il latte come un elemento non appropriato.
Ne emerge un quadro interessante che incoraggia il Medico dello Sport ad essere accanto all’atleta anche nella programmazione della sua alimentazione. Poiché circa il 40% degli intervistati erano minorenni, ben vengano i consigli per le famiglie, soprattutto per le mamme, e per le mense scolastiche, a cui tutti spetta il non facile compito di educare ad una sana e corretta alimentazione.
Da tutti questi dati emerge con forza anche l’importanza della figura del Medico Specialista in Medicina dello Sport, che è alleato dell’atleta e che riveste anche un ruolo sociale fondamentale. L’attenzione nei confronti di chi pratica sport deve essere completa: non ci si limita ai soli ECG, ma si effettuano esami dettagliati per individuare anche quelle patologie minori che, pur non controindicanti la pratica dell’attività sportiva, possono ridurre la qualità di vita dell’individuo e comportare danni futuri; e non da ultimo, consigli e indicazioni che riguardano l’educazione alimentare. Il tutto per favorire la diffusione della pratica dell’attività fisica correttamente prescritta dallo Specialista quale strumento indispensabile di salute/benessere, nonché in chiave di sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.